Disturbi d’ansia: psicoterapia o farmaci?

Sento parlare di ansia molto spesso e questa parola viene utilizzata per indicare situazioni, vissuti, emozioni molto diversi tra loro.

Senza scendere in una descrizione dettagliata e completa dell’ansia, possiamo dire che:

  • a livello psicologico, essa si manifesta con agitazione, nervosismo, problemi di memoria e attenzione, un pervasivo senso di insicurezza e sfiducia nelle proprie capacità, difficoltà ad essere presenti a sé stessi
  • a livello fisico, è comune riscontrare palpitazioni, sudorazione eccessiva, senso di soffocamento, insonnia, problemi gastrointestinali.

disturbi d’ansia riconosciuti e diagnosticabili sono:

  • Fobie specifiche
  • Attacco di panico
  • Agorafobia
  • Disturbo ossessivo compulsivo
  • Fobia sociale
  • Disturbo post traumatico da stress
  • Disturbo d’ansia generalizzata

Quando un non addetto ai lavori parla di ansia, pur autodiagnosticandosi in un certo senso un problema e una patologia, esprime soprattutto qualcosa di soggettivo e personale che può essere il risultato di un periodo di stress così come la manifestazione di un disagio psicologico profondo.

Frequentemente sentiamo dire che l’ansia è innanzitutto una comunicazione, qualcosa che non ci stiamo riconoscendo e dicendo a livello psichico e che esprimiamo attraverso il corpo.

L’ansia richiede, quindi, per essere superata, di accedere ad una maggiore consapevolezza di sé stessi e del particolare momento di vita che stiamo vivendo.

È proprio per questo motivo che i trattamenti farmacologici possono essere inefficaci o solo parzialmente efficaci ed è importante intraprendere un percorso psicoterapeutico.

Ricordo ancora, quando durante il corso di specializzazione in psicoterapia, durante una supervisione di un caso clinico, uno dei miei docenti disse: “L’attacco di panico è sempre il sintomo di una separazione”.

Ho fatto tesoro di questa affermazione e l’ho estesa un po’ a tutto ciò che ha a che fare con l’ansia.

La paziente del caso era in una fase di transizione per cui stava affrontando un compito evolutivo carico di significato: lasciare la casa natale e andare per la sua strada.

Ciò che generava l’ansia, non era la semplice paura di non farcela, ma anche e soprattutto il cambio di ruolo nel contesto familiare e sociale, il non essere più solo figlia, ma anche adulta che cammina sulle sue gambe per le strade della vita.

Come dicevo, ho generalizzato all’ansia questo modo di interpretare l’attacco di panico, perché lavorando ho potuto constatare che a monte dell’ansia c’è un’esigenza in particolare: l’esigenza di separarsi da qualcuno o qualcosa.

Non si tratta di lasciare i genitori, o il fidanzato, o il marito ma riconoscere e lasciare andare quelle parti di noi che ormai sono anacronistiche, disfunzionali e inadeguate a desideri e spinte evolutive emergenti.

Seguire un desiderio nuovo, può fare paura, molta paura, perché spinge a mettersi in discussione e a separarsi da ciò che è conosciuto e confortevole. Per tale motivo è possibile che inconsapevolmente si tenti di ricacciare indietro il desiderio, di non ascoltarlo e soffocarlo, con il risultato però di non ascoltarsi e soffocare sé stessi.

Credo sia per questo che nel caso dell’ansia si percepisca frequentemente che “manca l’aria”.

In sintesi, ciò che scatena l’ansia, dal mio punto di vista, è una parte di me emergente che mi spinge a separarmi da parti di me vecchie e ormai disfunzionali.

La psicoterapia aiuta a comprendere e ad accogliere le nuove esigenze senza percepirle come minacciose per il proprio senso identitario. Nessun farmaco è in grado di compire tale lavoro che richiede la partecipazione e il coinvolgimento attivo del paziente.

Il farmaco è necessario quando l’ansia è invalidante ma, è solo attraverso un percorso terapeutico mirato a dare significato ai sintomi e a integrare vissuti, emozioni, parti noi che è possibile superare l’ansia e scongiurare le recidive.


Dr.ssa Francesca Pannone
Psicologa e Psicoterapeuta a Latina


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